Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/270


— 264 —

— Ho... ho... che la porta è stata chiusa! — esclamò il mastro con voce rotta.

— Si fa riaprire.

Il mastro, che pareva in preda ad una terribile agitazione, si scagliò contro la porta, percuotendola con tal fracasso da far tremare l’intera casa. La porta non si scosse nemmeno, tant’era grossa e ben chiusa; ma dal di fuori si udì una voce a gridare:

— Fermi, o faccio fuoco!

— Mille milioni di fulmini! Aprite! — tuonò il mastro.

— Aprite, o saltiamo dalle finestre! — aggiunse Cardozo.

Uno scroscio di risa fu la risposta che ottennero. Il mastro, fuori di sè, cogli occhi schizzanti dalle orbite, corse alle finestre; ma tosto retrocesse, mandando un vero ruggito: erano tutte e due difese da grosse sbarre di ferro e chiuse esternamente da solide imposte.

— Siamo stati traditi! — esclamò il marinajo con voce strozzata.

Poi, come se avesse esaurito in quelle parole tutta la sua straordinaria energia, cadde, come fosse stato fulminato, su di una poltrona.

Cardozo, ancora istupidito da quell’inatteso avvenimento, non si mosse. In mezzo alla stanza, colla destra raggrinzata sull’impugnatura della sua navaja, egli si domandava se era impazzito, o se si trovava in preda ad uno spaventevole sogno.

— Traditi! Traditi! — esclamò finalmente, scuotendosi. — Ah! Calderon! Ti strapperò il cuore!

Stava per avvicinarsi al mastro, che pareva non dovesse più rimettersi da quel tremendo colpo, quando udì scorrere i catenacci e la porta gemere, come stesse per venire aperta.

— A me, marinajo! — esclamò. — I traditori vengono!

Il mastro nell’udire quelle parole si era rapidamente alzato, gettando un urlo di gioia selvaggia. Nella destra stringeva la navaja, arma formidabile nelle mani di quel vecchio marinajo.

La porta si era aperta, e tre uomini erano entrati. Due