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I fanali della flotta erano lontani sei o sette miglia, ma si distinguevano perfettamente sulla oscura linea dell’orizzonte. Dal loro numero era facile arguire che i legni erano molti e disposti in modo da chiudere gran parte della grandissima imboccatura del fiume gigante.

Il Pilcomayo, che divorava la via con crescente velocità, piegò verso il sud, dove non si vedeva brillare alcun fanale, e in meno di mezz’ora giunse nelle acque del Rio.

— Si vede nulla? — chiese il capitano ai marinai in vedetta sulle crocette.

— Nave a babordo! — gridò una voce.

Tutti i cannocchiali e tutti gli occhi si volsero verso la direzione indicata. Una massa nera, di dimensioni enormi, era apparsa a sole poche gomene di distanza e correva addosso all’incrociatore coll’intenzione di calarlo a fondo con un buon colpo di sperone.

— A tutto vapore! — gridò il capitano Candell. — Diego, tutta la barra all’orza!

Un istante dopo, e a sole poche braccia dalla poppa del Pilcomayo, passava la nave nemica, la quale, trasportata dal proprio slancio, passò oltre, scomparendo fra le tenebre.

— Auff! — esclamò il mastro, asciugandosi la fronte col dorso della mano. — Un momento di ritardo ed eravamo perduti!

— L’hai veduta bene, vecchio lupo? — chiese Cardozo, che non aveva lasciato il suo fianco.

— Sì, figlio mio, e ti so dire che era una fregata delle più grosse. Se ci toccava, ci sventrava completamente.

— Tornerà alla carica?

Mastro Diego non rispose. Un lampo era balenato al largo, seguìto da una fortissima detonazione. Una palla passò fischiando sopra il ponte dell’incrociatore, perdendosi in mare.

— Maledizione! — esclamò il capitano Candell. — La partita è perduta!

— Perchè, signore? — chiese una voce.

— Ah! Siete voi, signor Calderon? — chiese il coman-