Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/244


— 238 —

fece alzare il cavallo, che sonnecchiava in un angolo dell’estancia, lo condusse presso l’entrata e con un vigoroso colpo di coltello lo fece stramazzare a terra cadavere.

— Presto, — disse poi, armando la carabina. — Collocatevi dietro a questo morto e, appena i Patagoni giungono a tiro, aprite il fuoco. Signor Calderon, spero che non risparmierete i vostri antichi adoratori.

— Non m’interessano, — rispose l’agente con un sorriso sdegnoso.

— Sta bene; tenetevi pronti a far fuoco al mio segnale.

— Vi avverto però che le mie pistole hanno una portata piccola.

— Lo so, signor Calderon: ve ne servirete quando lo crederete opportuno.

I Patagoni avevano rallentato la corsa e si avvicinavano con precauzione, tenendosi riparati dietro ai grossi mazzi di cardi, che li nascondevano in buona parte. Senza dubbio sospettavano la presenza dei fuggiaschi e, sapendoli armati ed eccellenti bersaglieri, non volevano esporsi troppo.

Giunti a circa seicento metri, si fermarono, rizzandosi sulle staffe per abbracciare maggior orizzonte e spingere lo sguardo nell’interno dell’estancia. Diego, che non li perdeva di vista un solo istante, giudicò opportuno dar segno di vita.

Si alzò sulle ginocchia, appoggiò la carabina sul corpo del cavallo e, appena un lampo illuminò la pianura, mirò il cavaliere più vicino. La detonazione fu coperta da urla di rabbia e da un precipitoso galoppo.

— Qualcuno è caduto, — diss’egli alzandosi.

— Sì, sì, — confermò Cardozo: — vedo un cavallo senza cavaliere che fugge.

— Ne avremo uno di meno.

— Zitto!...

Il galoppo era cessato improvvisamente. Cardozo e il mastro attesero un nuovo lampo, e videro che la pianura era ridiventata deserta.

— Oh! Oh! — esclamò il mastro, grattandosi furiosamente la testa. – Dove sono fuggiti?