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L’estancia che stavano per occupare i fuggiaschi, non differiva molto dalle solite. Era però piccola, avendo un recinto limitato, e conteneva una sola capanna costruita con mattoni cotti al sole e in parte sfondata.

All’ingiro non si scorgevano che degli ammassi di sterco, alcuni carcami di pecore, un carro che pareva avesse sostenuto un furioso assalto, a giudicarlo dalle sue tavole squarciate e dalla sua coperta sventrata, e alcuni teschi di buoi, che parevano avessero servito di sedili ai puesteros.

Nessun’anima vivente nè all’esterno nè all’interno, eccettuati alcuni chimangos, certi uccelli amanti delle carogne, che stavan sonnecchiando indolentemente sulla cima della capanna.

Ramon, dopo essersi assicurato con una rapida occhiata che nessun indiano si trovava nascosto nel recinto, si avanzò fin presso la capanna, poi balzò a terra, invitando i compagni a fare altrettanto.

Tenendo sempre il trombone in mano, fece il giro della catapecchia con molta precauzione, poi entrò, tenendo l’arma tesa. Visto che l’interno era affatto vuoto, si rassicurò e, volgendosi verso i compagni, disse:

— Siamo in casa nostra.

— Non c’era bisogno di tante precauzioni, — disse Cardozo: — chi poteva occupare questa catapecchia?

— Dagli Indiani si può aspettare qualunque sorpresa, — rispose il gaucho. — Nella pampa la prudenza non è mai troppa.

— È vero, — affermò il mastro.

— Ma dove saranno fuggiti i proprietari di questo recinto? — chiese Cardozo.

— Non ne so più di voi, — rispose Ramon.

— Che abbiano avuto con loro delle pecore?

— Forse delle migliaia.

— E dove saranno ora?

— Probabilmente disperse per la prateria.

— Qualche altro proprietario le farà sue allora.

— V’ingannate, Cardozo, — disse il gaucho. — Gli ani-