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degli ultimi fuochi vide sette od otto Patagoni, i più formidabili bevitori della banda, che altercavano attorno ai due barili, che dovevano essere già vuoti. Tutti gli altri, disseminati dinanzi ai carri e semi-tuffati nella fresca erba, russavano con tal fragore, che si udivano a parecchie centinaia di passi. Gettò un secondo sguardo verso il Rio Colorado, le cui acque si vedevano scintillare attraverso le radure della foresta: non si vedeva nulla, nè si udiva in quella direzione alcun rumore che accennasse l’avvicinarsi della retroguardia.
— Avanti! — disse, spronando vivamente il cavallo.
I tre animali partirono di carriera, dirigendosi verso l’ovest, la via che conduceva verso le frontiere del Chilì. Nel campo patagone si udirono alcune grida; ma ben presto si spensero, e il più profondo silenzio regnò in breve sulla grande prateria, a malapena rotto dal sordo galoppo dei corsieri.
La notte era oscura, essendo il cielo semicoperto da dense masse di vapori che salivano dal sud, invadendo rapidamente la vôlta stellata, e un vento freddo soffiava ad intervalli, facendo piegare le cime dei cactus e dei cardi. Il mastro però, orientandosi alla meglio colla Croce del Sud, che di quando in quando appariva fra gli strappi delle nuvole, si manteneva sulla direzione scelta. Avevano percorso quasi quattro miglia, seguendo una specie di sentiero aperto fra due fitte piantagioni di cactus e di cespugli spinosi, quando l’agente del Governo, che fino allora non aveva aperto bocca, arrestò bruscamente il cavallo.
— Cosa avete, signor Calderon? — chiese Cardozo, che gli veniva dietro, tenendo la carabina sul davanti della sella.
— Dove andiamo? — chiese l’agente.
— Lo vedete bene che fuggiamo, — rispose il mastro, che si era pure arrestato.
— Ma noi corriamo verso l’ovest.
— È la nostra via, signore.