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— È sterco, disse il mastro, prevenendo la domanda di Cardozo: – sterco di cavallo, che il fumatore ha mescolato al golk (tabacco).
Acceso il miscuglio, l’ubriaco si rovesciò sul ventre ed aspirò sette od otto volte il fumo, inghiottendolo e rigettandolo solamente qualche minuto dopo dalle narici e tutto in una sola volta. Un fenomeno strano si verificò allora in quell’uomo: la pipa gli sfuggì dalle mani, stralunò gli occhi, mostrando solamente il bianco, le forze improvvisamente lo abbandonarono e ricadde lungo e disteso agitando convulsivamente le membra, soffiando fortemente ed emettendo dalle labbra semiaperte larghi getti di saliva.
— È ubriaco? — chiese Cardozo.
— Lo hai detto, — rispose il mastro sorridendo.
— E tu mi assicuri che quell’uomo si diverte?
— Così dev'essere, poichè i Patagoni fumano quasi sempre in questo modo: essi dicono che anche il loro Dio ha partecipato a questo bizzarro godimento; anzi prima di fumare offrono a lui qualche boccata e una preghiera.
— E durano molto quelle convulsioni?
— Pochi minuti, poichè ordinariamente i compagni dei fumatori le fanno cessare con una lunga sorsata d’acqua.
In quel mentre altri sette od otto bevitori, briachi fradici, stramazzarono a terra. Il mastro, che non perdeva di vista i Patagoni, si alzò bruscamente.
— Cardozo, — disse, — l’ora della liberazione è suonata. Fra pochi minuti nessuno di questi uomini sarà in grado di tenersi in piedi, e prima di dodici ore Hauka non si accorgerà della nostra scomparsa: fuggiamo!
— Sono pronto a seguirti, marinajo, — rispose Cardozo, saltando in piedi colla carabina in mano.
— Va’ a preparare tre cavalli e conducili dietro ai forgoni.
— Viene con noi anche l’agente del Governo?
— Se vuole rimanere qui, si accomodi pure: mi farebbe quasi un piacere.
— E dove fuggiremo?
— Verso la frontiera del Chilì.