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— Perchè, marinaio? Se conti di prendere parte alla bevuta, dubito assai che quei golosi ti lascino una sorsata di liquore.

— Rinuncio volentieri alla bevuta, — rispose il marinaio, che sorrideva con fare misterioso. — Orsù, bevitori, sfondate i barili!

Non c’era bisogno di quell’incoraggiamento. I Patagoni, che sono formidabili bevitori e che amano alla frenesia le bevande spiritose, come del resto si è notato in tutte le popolazioni selvagge, avevano sfondato i due barili e si erano messi a bere, servendosi delle mani riunite in forma di conca.

Pareva che fossero diventati tutti frenetici: si urtavano, si spingevano, si rovesciavano l’un l’altro, si calpestavano furiosamente per essere i primi ad immergere le mani nella forte bevanda, le cui esalazioni alcooliche si spandevano all’intorno, eccitando quelli che si trovavano ultimi e che temevano di giungere troppo tardi, Hauka, che non pareva meno esaltato degli altri, nè meno goloso, si era aggrappato ad un barile e resisteva energicamente agli sforzi di coloro che cercavano di trarlo di là per prendere il suo posto.

Cardozo e il mastro, seduti per terra a breve distanza, colle carabine in mezzo alle ginocchia, onde tenersi pronti a tutto, ben sapendo che da selvaggi ubriachi tutto si può aspettare, seguivano con viva attenzione la lotta di quei bevitori. Dietro di loro stava il signor Calderon, il quale, secondo il solito, pareva che fosse affatto estraneo a tutto ciò che succedeva a lui d’intorno.

I bevitori parevano che avessero uno stomaco senza fondo e che possedessero una resistenza incalcolabile, poichè, malgrado le lunghe e frequenti sorsate, non accennavano a perdere la testa e si rimettevano a bere con novella lena. A poco a poco però quella sete inestinguibile cominciò a calmarsi.

Alcuni uomini, i meno forti, già traballavano e «rollavano come una nave in piena tempesta», secondo l’energica espressione del mastro, e gli altri cominciavano ad esaltarsi. Hauka, che aveva resistito vittoriosamente a tutti gli sforzi