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passi da un gran fuoco, che doveva preservarlo dagli improvvisi attacchi dei giaguari e dai denti degli aguaras, animali vili se sono pochi, ma audaci se numerosi.

Un silenzio assoluto regnava nell’accampamento, segno evidente che gli uomini dormivano profondamente sotto le tende dei carri.

Hauka collocò Diego, Cardozo e il signor Calderon, che possedevano armi da fuoco, di fronte alla sentinella, facendoli nascondere in mezzo ad una fitta macchia di cactus, poi comandò ai suoi uomini di montare a cavallo e di estendersi a destra e a sinistra, in modo da tagliare la ritirata al sud, all’est e all’ovest.

Quando vide i guerrieri a posto, con alcuni dei suoi più coraggiosi e più abili si avanzò verso il campo, tenendo nella sinistra la lancia e nella destra la terribile bola perdida.

La sentinella, che sonnecchiava, appoggiata al suo fucile, udendo i cavalli avvicinarsi, si svegliò di soprassalto e gridò, puntando il fucile:

— Chi vive?

— Amici, — rispose Hauka.

— Chi siete?

— Poveri indiani che vanno al nord.

— Che nessuno si avanzi!

Hauka era abbastanza avanti per servirsi della bola perdida. Tenendo stretta la correggia fra le dita, fece fischiare la palla in aria due o tre volte e la lanciò con impeto irresistibile.

Si udì un colpo sordo, e la sentinella, colpita nel capo, stramazzò pesantemente a terra, mandando un urlo straziante, terribile.

— Avanti, Tehuels! — tuonò il capo, spronando il proprio cavallo.

Tutti i Patagoni, che non aspettavano che questo segnale, allentarono le briglie e si lanciarono contro i forgoni colle lance in resta, pronti a trafiggere i nemici qualora questi tentassero la fuga.