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— Allora seguimi.
Il mastro si cacciò risolutamente fra i cespugli, seguìto dal giovane marinajo, che si volgeva di frequente indietro per paura di venire improvvisamente assalito alle spalle. Percorsi quindici passi, si trovarono dinanzi ad una piccola radura circondata da fitte macchie di huignal. Non si udiva più alcun rumore, nè si vedevano agitare i rami. Tuttavia il giaguaro non doveva essere lontano, poichè l’aria era appestata di un acuto odore di selvatico.
— Fermati qui, figliuol mio, — disse il mastro. — Io vado a battere le macchie; ma non ti perderò di vista.
— Va bene, marinajo, — rispose Cardozo, che cercava di mostrarsi tranquillo.
Aprì ben bene le gambe, alzò la carabina onde essere pronto a portarla alla spalla, e attese con bastante sangue freddo l’uscita del giaguaro.
Diego si cacciò fra le macchie senza allontanarsi dalla radura, risoluto a scovare il carnivoro, che doveva essersi appiattato nei dintorni.
Passarono due minuti, lunghi come due secoli pel ragazzo, che per la prima volta in vita sua si sentiva invaso da un vivo terrore.
Ad un tratto i rami di un cespuglio si aprirono lentamente, e un bellissimo animale dal mantello giallastro picchiettato di nero apparve, gettando un potente miagolìo, che poteva chiamarsi un sordo ruggito.
Gli occhi della belva, contratti in forma d’un i, si fissarono sul ragazzo, che era divenuto pallidissimo sì ma che non aveva fatto un passo indietro. Pareva che la belva fosse sorpresa di trovarsi dinanzi ad un cacciatore così piccolo, e, contrariamente alle sue abitudini, invece di slanciarsi, si arrestò, cacciando i potenti artigli dentro la terra.
— Calma e occhio sicuro, — mormorò il ragazzo.
Puntò la carabina, mentre un freddo sudore gli inondava la fronte, mirò attentamente e fece partire il colpo.
Il giaguaro emise un ruggito di dolore, ma non cadde: la palla gli aveva solamente fracassato una spalla. Indie-