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— Signor Calderon, — disse il mastro, — cosa vogliono fare questi pagani?
L’agente del Governo, che si era tranquillamente seduto a breve distanza, si accontentò di alzare le spalle e di fare un gesto di dispetto.
— Sempre di cattivo umore quel diabolico uomo, — brontolò Cardozo. — Si direbbe che le parole gli guastano i denti.
— Che un pescecane mi mangi in un sol boccone se io capisco qualche cosa, — disse il mastro. — Che si tratti di qualche cerimonia?
— Pare che sia così — rispose Cardozo. — To’! Un altro stregone?
Un patagone, che portava al collo dei monili di denti di belve feroci e di vertebre di serpenti e sul capo un grande ciuffo di penne variopinte, si avvicinava a loro, portando in mano un bizzarro arnese che pareva un coltello smussato, ma più largo all’estremità che verso la impugnatura.
Ad un suo cenno i guerrieri strapparono ai due marinai gli stivali e le calze, mettendo a nudo i piedi. Il mastro mandò un grido di furore e con una potente, ma inutile spinta tentò liberarsi dalle mani che l’inchiodavano al suolo.
— Briganti! — esclamò.
— Cosa sta per succedere, Diego? — chiese Cardozo, che era diventato pallido. — Ci tagliano forse i piedi?
— No, ma c’impediranno di fuggire, come se non li avessimo più. Ah! Doveva aspettarmi un simile tiro da questi pagani!
— Signor Calderon, — disse Cardozo con voce supplichevole, — accorrete in nostro ajuto.
L’agente del Governo, invece di rispondere, accennò i propri piedi, poi crollò le spalle, come per dire che nulla poteva fare.
Intanto il nuovo stregone arrotava il suo strano coltello su di un pezzo di pietra arenaria, provando di quando in quando il filo, come se volesse prima accertarsi se era tagliente al punto che lo desiderava.