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— Nulla, figlio mio.

— Tu mi nascondi qualche cosa.

— È vero.

— Butta fuori, per Bacco! Ti pare che io debba ignorare certe cose, mentre stiamo forse per andarcene al mondo di là?

— Cardozo, hai del coraggio, — disse il mastro, guardandolo con ammirazione. — Tu scherzi con la morte, come se si trattasse di scherzare con una bottiglia di aguardiente.

— Meglio così, vecchio lupo, — disse il ragazzo sorridendo. — E poi, chissà che la cosa non sia tanto brutta quanto sembra.

— T’inganni, se speri. Domani avremo da fare coi mondongueros.

— Cosa sono questi signori mondongueros?

— I mangiatori d’interiora.

— Ne so meno di prima.

— Dei pesci; ma che pesci, ragazzo mio! Non ci lasceranno indosso un pezzetto di carne grosso come una palla di carabina.

— Mi fai rabbrividire, vecchio mio. Che razza di supplizio è mai questo?

— Te lo dirò in poche parole. In parecchi fiumi dell’America del Sud, non escluso il nostro Rio della Plata, solamente in alcuni luoghi però, si trovano dei pesciolini lunghi tutt’al più dieci centimetri, dalla pelle azzurrognola nella parte superiore, marmorizzata di macchie rossicce nella parte inferiore, e armati di denti triangolari, attaccati a certe mascelle di tal potenza da stritolare persino un pezzo di ferro. Questi pesciolini sono dotati di una voracità spaventevole. Basta che un cavallo entri nel fiume da loro popolato perché si slancino tutti sul disgraziato animale, gli forino i fianchi e gli divorino le interiora con una rapidità spaventevole; di qui il nome di mondongueros, che significa «mangiatori di interiora».

— E si limitano a mangiare le budelle?