Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 155 — |
tira calci a queste furie. Ahi! Ahi! I miei capelli se ne vanno!
Ma le donne, invece d’aver compassione delle sue grida, continuavano tirando capelli e barba con maggior forza e sempre ridendo. Il tormento non era però ancora finito, anzi aveva da cominciare ancora, poichè alcune di quelle donne ben presto arrivarono portando con loro dei tizzoni accesi.
— Ah! Briganti di pagani! — esclamò il mastro. — Ci lasceranno arrostire vivi da queste furie senza cuore?
Un grido acuto gli fece gelare il sangue: lo aveva mandato Cardozo.
— Figlio mio! — gridò il mastro, facendo uno sforzo poderoso per liberarsi dai legami.
— Ehi! Marinaio! — rispose il ragazzo. — Mi pare che ci arrostiscano.
— Coraggio, Cardozo.
— Mi hanno fatto assaggiare un tizzone ben ardente. Queste streghe sono più feroci degli uomini. Che ci accoppino subito adunque!
Fortunatamente i guerrieri, che fino allora avevano lasciato fare, vedendo che i prigionieri facevano sforzi disperati per liberarsi dalle corde, respinsero brutalmente le donne che si apparecchiavano ad abbrustolire la pelle del mastro.
— Grazie, pagani, — disse il lupo di mare. — Almeno voi avete più buon cuore di quelle donne.
— Lo vedremo domani, — disse Cardozo. — Temo che abbiano paura che ci guastino troppo, invece.
— Chissà! Speriamo, ragazzo mio.
Ad un tratto rabbrividì e la sua pelle, quantunque cotta e ricotta dal sole e dai venti del mare, divenne livida.
Una donna nell’allontanarsi gli aveva gridato contro:
— Ti vedremo domani alle prese coi mondongueros!
— Gran Dio! — mormorò il mastro, mentre un freddo sudore gli inondava la fronte. — Siamo perduti!
— Cosa mormori, vecchio lupo? — chiese Cardozo, che si era trascinato vicino a lui.