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potente calcio al selvaggio più vicino. — Ci prendete per dei salami, per legarci in tal guisa? Brutti pagani, se avessi ancora la mia carabina, vi insegnerei io a trattare un po’ meglio le persone che vanno pei loro affari.
— Marinaio, ti sfiati inutilmente, — disse Cardozo.
— Lascia che mi sfiati finché mi lasciano la lingua, ragazzo mio... Toh! Cosa succede ancora! Anche quelle maledette streghe se la prendono con noi? Ih!... Che baccano!
Una quarantina di donne, alte come granatieri, si avvicinavano ai disgraziati prigionieri, urlando con quanta voce avevano in gola:
— Morte ai cristianos!
— Siamo noi questi cristianos? — chiese Cardozo, che non sembrava troppo commosso, malgrado la situazione tutt’altro che bella.
— Precisamente, Cardozo. Questi pagani appellano con tal nome tutti gli spagnoli, o, per meglio dire, tutti gli uomini di razza bianca.
— Ma cosa vogliono quelle donnacce?
— Divertirsi alle nostre spalle: ne sono certo.
E il mastro non s’ingannava. Quelle furie, fattesi largo fra i guerrieri ch’erano stati posti di guardia, si misero a danzare disordinatamente attorno ai prigionieri, che giacevano a terra solidamente legati, assordandoli con grida acute, sputandovi sopra e facendo sberleffi di ogni specie.
Diego, meno paziente di Cardozo, sfogava la sua rabbia con epiteti d’ogni specie e, non potendo adoperar le mani, tirava calci in tutte le direzioni, e non sempre andavano perduti.
La rabbia impotente del bravo marinajo parve che mettesse in buon umore quelle granatiere. Fattesi più ardite, si strinsero tutte attorno a lui, calpestando il povero ragazzo, e si misero a tirargli i capelli e la barba fra grandi scoppi di risa.
— Ah! Dannate streghe! — urlava il mastro, dibattendosi come un ossesso. — Se avessi una mano libera, farei strillar io come vi meritate. Ehi! Cardozo, figliuol mio,