Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/143


— 137 —

Pampas e più oltre gli argentini, che aborriscono in ispecial modo.

Intrepidi cavalieri da eguagliarsi ai famosi gauchos, si può dire che anch’essi vivono sempre in sella, essendo il cavallo diventato per loro tanto necessario da non poter più farne a meno. Si può anzi dire che, se la razza equina si estinguesse, quella dei Patagones non tarderebbe molto a seguirne il destino.

È infatti il cavallo che dà la vita all’indiano delle pampas, che lo nutrisce, che lo aiuta nelle cacce, che lo veste, che gli somministra perfino la tenda; e il patagone, che ciò non ignora, ama immensamente il suo destriero, più della propria moglie, più, forse, dei figli.

I Patagoni vivono in completa libertà. Si radunano in piccole bande, che di solito non superano i due o trecento individui, eleggendosi un capo che viene scelto fra i più valorosi, ma che ha un ascendente molto limitato sui componenti la tribù. Hanno però una certa venerazione pei loro stregoni, che per lo più sono scaltri impostori che si dicono protetti da Vitamentru, un genio buono per tener lontane le bricconate di Gualisciù, che è il genio del male e che comanda agli spiriti maligni.

Del resto, poco si occupano della religione. Tutte le loro occupazioni sono rivolte ai cavalli, alla famiglia, alla caccia, dalla quale ritraggono il loro sostentamento, ignorando affatto l’agricoltura, e alla guerra, che amano assai, essendo tutti coraggiosi e di un temperamento tutt’altro che tranquillo.

Dati questi brevi cenni su cotesto popolo, sulla cui terra sono caduti i superstiti del Pilcomayo, riprendiamo il filo della nostra veridica storia.

· · · · · · · · · · · · · · · · · · · ·
· · · · · · · · · · · · · · · · · · · ·

A circa sessanta chilometri dalla foce del Rio Negro, meglio conosciuto dagli indigeni sotto il nome di Gusa-Leuvre, bel corso d’acqua che si forma sotto il 39°,40’ di latitudine Sud ed il 70° di longitudine Ovest dalla congiunzione del Rio Sanguel