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Anzi, vedendolo solo, aveva affrettato la marcia e guadagnava a vista d’occhio, allungandosi sempre più in forma di semicerchio, onde poterlo prendere in mezzo. Ormai la fuga era quasi impossibile e il mastro ben lo sapeva, avendo sotto di sè un cavallo quasi stanco.

Nondimeno non si perdette d’animo. Caricò la carabina colla quale aveva poco prima abbattuto il patagone, preparò l’altra, accomodò meglio che potè Cardozo, che continuava a dormire profondamente, legandolo solidamente alla larga sella, indi spronò vigorosamente il cavallo, dirigendosi verso l’altura poco prima scoperta e che non distava più di due chilometri.

— Se riesco a raggiungerla prima di avere alle costole tutti questi birbanti, posso sperare di salvare la pelle, — diss’egli. — Vedo là dei cespugli che possono servirmi di nascondiglio. E Ramon?

Guardò verso l’ovest e vide delle ombre fuggire, poi udì una seconda detonazione.

— Buono! — mormorò. — Quel bravo gaucho darà molto da fare ai suoi inseguitori.

Intanto i patagoni, che parevano avessero compreso la sua intenzione, guadagnavano sempre, e li udiva eccitare i loro cavalli colla voce. Le due estremità del semicerchio erano già molto innanzi ed accennavano a restringersi per prenderlo in mezzo. Alcuni cavalieri non distavano più di quattrocento passi, e uno, il più vicino, lanciò anche un bolas, che si arrestò a mezza via.

Diego, benchè fosse assalito da brutti presentimenti e cominciasse ormai a disperare, spronava sempre. Disgraziatamente il cavallo, caricato di un doppio peso, non ne poteva più e ansava fortemente. Certi momenti il marinajo lo sentiva tremare ed era costretto a sostenerlo a furia di strappate.

Doveva essere la mezzanotte quando giunse ai piedi dell’altura, che si alzava per un tre o quattrocento metri, affatto isolata e coperta qua e là di cespugli e di carrubi selvatici.

— Un ultimo sforzo, povero animale, — disse il mastro, accarezzandolo. — Orsù, al galoppo!