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— Il confetto è stato un po’ duro, — disse il mastro, ridendo. — Devo mandarne uno anche al cavallo?

— È inutile, Diego; risparmiate le munizioni, che sono molto necessarie in questo paese.

— Abbiamo un migliaio di colpi fra me e Cardozo.

— Ma il Chilì è lontano. Al galoppo!

In quell’istante un lampo balenò verso l’est, seguìto da una fragorosa detonazione.

— Pedro regala anche lui dei confetti, — disse il mastro.

— E di quelli che pungono, — disse Ramon. — Sono chiodi belli e buoni che caccia nella pelle dei patagoni. Sproniamo e speriamo di ingannare queste canaglie che c’inseguono.

— Alto là!...

— Cosa c’è ancora?

Un oggetto brillante, che pareva una grossa palla di metallo, passò fischiando dinanzi a loro, perdendosi fra le erbe cinquanta passi più innanzi.

— Tuoni e lampi! — esclamò il mastro. — Un bolas!

— Degli altri Patagones?

— Senza dubbio, e ci sono molto vicini a quanto pare.

— Ma dove sono?

— Forse celati in quelle macchie.

— Ah! Devono essere i due indiani che avete scavalcati poco fa, — disse Ramon.

— Non monta! Avanti, Diego!

Spronarono i cavalli e si slanciarono attraverso un magnifico tappeto di folte erbette, screziato vagamente di verbene multicolori, le quali tramandavano un penetrante profumo.

Percorsi cinquecento metri, Ramon si volse indietro per vedere se fosse inseguito, e non poté frenare una imprecazione. Il grosso della truppa li seguiva sempre e, quello ch’era peggio, aveva guadagnato un bel tratto, poiché non distava che sette od ottocento metri.

— Orsù, bisogna separarci, — diss’egli.

— Anche voi mi lasciate? — chiese Diego.

— È necessario per la salvezza di Cardozo.