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— Dannato pallone! — esclamò il mastro. — L’ha decisamente con noi!

— Vedi nulla, Pedro? — chiese Ramon.

— Sì, il pallone, che si avanza, rasentando il suolo.

— Il vento è cambiato adunque. Non ci voleva che questo per farci passare una brutta notte.

— Cosa facciamo? — chiese Diego. — Bisogna prendere subito una decisione, o gl’Indiani ci scopriranno.

— Andiamo... eh!... Eh!...

— Cosa?...

— Sprona!... Sprona!...

Quattro cavalli si erano improvvisamente rizzati fra i cespugli. Diego, Ramon e Pedro cacciarono gli sproni nel ventre dei loro corsieri e si slanciarono verso il sud, senza nemmeno volgersi indietro. Un istante dopo s’udì un furioso galoppo accompagnato da grida tuonanti.

— I Patagones! — esclamò Ramon.

Diego si volse indietro. Quattro cavalli, montati da quattro indiani di statura gigantesca, li inseguivano, guadagnando rapidamente via.

— Ah, briganti! — esclamò. — Se non avessi Cardozo, vi appiopperei un paio di palle nelle costole.

— Sprona! Sprona! — gridò Ramon.

I cavalli divoravano la via; ma quelli dei patagoni, forse migliori e forse più riposati, guadagnavano sempre, e per colmo di sventura i loro cavalieri urlavano sempre, come se volessero attirare l’attenzione dei loro compagni che stavano inseguendo il pallone.

— Alto! — esclamò d’un tratto Ramon.

— Altri nemici? — chiese Diego.

— Mano ai coltelli! Attenti ai lazos!

I patagoni arrivavano di gran carriera addosso al piccolo gruppo, che si era arrestato per far fronte al nemico. Passarono a pochi passi di distanza senza arrestarsi, gettando i loro lazos.

Diego si curvò sul cavallo, evitando le corregge che do-