Pagina:Salgari - Il tesoro del presidente del Paraguay.djvu/128


— 122 —


Ramon sellò il proprio cavallo, che era il più docile, e fece salire il mastro, passandogli Cardozo, che dormiva tranquillamente, avvolto in una grossa corconilla.

— Povero piccino! — esclamò il marinajo, serrandoselo al petto e accomodandolo sul dinanzi della larga sella. — Cercherò di non svegliarti.

— Il cavallo è tranquillo ed il ragazzo non si accorgerà di nulla, — disse Ramon. — E poi fra un paio d’ore saremo al fiume e riposerà meglio.

— E i cavalli selvaggi chi li condurrà?

— Ci incarichiamo noi, e vi assicuro che non ci sfuggiranno.

Il mastro strinse le ginocchia, e l’intelligente animale si mise in cammino, prendendo un passo allungato e dirigendosi verso il sud. Poco dopo lo raggiungevano i gauchos, montati sui due cavalli selvaggi e conducendo con loro anche il quarto cavallo.

La notte era calata. L’immensa prateria era diventata oscura: solamente sulla linea dell’orizzonte scorgevasi un vago chiarore, proiettato dalle stelle, fra le quali spiccava superbamente la Croce del Sud. Ovunque regnava un profondo silenzio, che solo di quando in quando veniva interrotto dal leggero stormire dei cactus agitati da una fresca brezza che scendeva dalle lontane catene delle Ande, o dall’urlo di qualche lupo rosso, che vagava in cerca di preda.

La piccola truppa, che si avanzava senza scambiare parola, cogli orecchi tesi ai più piccoli rumori, gli occhi bene aperti ed i fucili sotto mano, onde non lasciarsi sorprendere, costeggiò per qualche tratto una piantagione di cactus, poi entrò in una vasta zona scoperta, su cui stendevasi un’erbetta corta, minuta, lucente, che smorzava interamente il rumore prodotto dagli zoccoli degli animali.

— Stiamo bene attenti, — disse Ramon, che veniva per ultimo, col trombone posto sul dinanzi della sella. — Al primo allarme affrettatevi a gettarvi a terra.

— Speriamo che tutto vada bene, — rispose mastro Diego,