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— Come mai si trova ancora in aria? — si chiese Ramon.

— E il signor Calderon dove sarà caduto? — si chiese il mastro, che, quantunque non nutrisse troppa simpatia per quell’uomo, pure sinceramente lo compiangeva.

— Senza dubbio sarà caduto nelle mani degli indiani, — rispose Ramon.

— E forse a quest’ora l’avranno ucciso.

— I Pampas non risparmiano i loro prigionieri, ma i Tehulls, o Patagoni, se così meglio vi piace, si accontentano di farli schiavi.

— A terra! — esclamò Pedro, che ritornava correndo.

Era tempo. A due chilometri dal campo una grossa truppa di cavalieri, mezzo sepolta fra gli alti cardi della pampa, passava galoppando furiosamente e in disordine dietro al pallone e mandando acute grida.

Il suo passaggio fu così rapido, che i due gauchos non riuscirono a distinguere se fosse composta di Pampas o di Tehulls. Ad ogni modo quei cavalieri, interamente assorti nella caccia del pallone, non s’accorsero degli accampati, poichè continuarono a galoppare, dirigendosi verso il nord.

— Se ne sono andati, — disse Ramon, quando non li vide più. — Bisogna affrettarsi a trovare un ricovero, o verremo scoperti ed assaliti.

— Ma dove andare? — chiese il mastro.

— Ve lo dissi già. Solamente i boschetti che crescono sulle rive del Rio Negro possono celarci agli occhi di quei predoni.

— Non domando che di andarmene. Dieci minuti per raccogliere qualche dozzina di uova pel mio Cardozo e poi in sella.

— Affrettatevi adunque.

Il mastro si gettò in ispalla la carabina e si allontanò correndo, portando con sè una coperta. Non gli fu difficile di trovare il nido degli struzzi, che si trovava a breve distanza dall’accampamento, in mezzo ad un gruppetto di cactus.

Riempì la coperta di uova, la legò e ritornò presso i gauchos, i quali avevano fatto alzare i cavalli.