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Mentre i gauchos, stanchi della lotta sostenuta contro i due cavalli selvaggi, si sdraiavano sui loro ponchos, i due marinai si gettarono in ispalla i fucili e si allontanarono verso il sud, dove si vedevano dei fitti cespugli.

Disgraziatamente pareva che quella porzione di pampa non fosse frequentata dagli animali, poichè, per quanto girassero gli occhi, i due marinai non scorgevano nè guanachi, nè struzzi, nè coguari, nè giaguari, e pochissimi uccelli, i quali per di più non meritavano un colpo di fucile, essendo quasi tutti mangiatori di carogne.

Frugando però in mezzo ai cespugli, Cardozo riuscì finalmente a scoprire un nido di struzzi, fornito di ben sessanta uova, grosse tre volte di più di quelle dei tacchini, disposte con un certo ordine e coperte di fili d’erba.

— La frittata è assicurata, — esclamò egli, balzando in mezzo al cespuglio.

— E che frittata! — esclamò il mastro, che se ne intendeva. — Purchè le uova non contengano già i piccini.

— Sarà più appetitosa, Diego. Carrai! Saresti uno schizzinoso?

— Io?... Mi vedrai quando porremo la frittata al fuoco. Ma ora che ci penso, se questo è il nido, possiamo trovare anche i proprietari. Per Bacco! Se potessimo regalarci un bell’arrosto di nandù?

— Cosa sarebbe questo nandù?

— Gli struzzi si chiamano con questo nome, anzi gli indiani li chiamano nandù guazu, il che vuol dire grosso ragno.

— Forse che somigliano ai ragni?

— Quando camminano fanno un certo movimento colle loro monche ali, che ricorda curiosamente i movimenti oscillanti dei ragni, quando percorrono le loro tele aeree.

— La carne...

— È delicatissima, figliuol mio.

— Allora ci sdraieremo qui e attenderemo.

— Sì, ma prima confortiamoci lo stomaco, — disse il mastro, levando un uovo e guardandolo attraverso un raggio di sole. — Devono essere stati covati da pochi giorni.