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Percorse cinquecento metri in linea retta colla velocità di una freccia, poi fece un brusco voltafaccia e si precipitò in mezzo ad una piantagione di cardi che percorse in tutti i versi, distruggendola quasi completamente. Uscito di là e sentendosi ancora il cavaliere indosso, sembrò che tutto d’un tratto impazzisse.

Si precipitava innanzi come se non vedesse più nulla, poi s’inalberava rizzandosi quanto era lungo sulle zampe posteriori, sferrava calci per ogni dove, girava su se stesso come se fosse colto da un capogiro, scartava a destra e a sinistra, ripartiva come un uragano falciando le erbe coi solidi zoccoli, poi tornava a inalberarsi tentando colla testa di urtare e di mordere il cavaliere, riprendeva la disordinata corsa gettando nitriti soffocati, abbassandosi or dinanzi e or di dietro, inarcando bruscamente la potente groppa per sbalzare il domatore, poi si gettava per terra e si rialzava, e tornava a rotolarsi fra le erbe.

Ma l’uomo teneva duro. Colle ginocchia nervosamente strette ai fianchi del selvaggio destriero, le briglie raccolte, gli occhi in fiamme, pronto a lasciare le staffe per non farsi schiacciare o stritolare le cosce, non lo abbandonava. Pareva che fosse inchiodato alla sella; più ancora: pareva che formasse un corpo solo col cavallo.

Non vi era nulla che potesse toglierlo di là; nè i bruschi salti, nè le scosse più violente, nè le cadute, nè i cosidetti salti di montone, ai quali ben pochi cavalieri possono resistere. E stringeva sempre più i fianchi dell’animale togliendogli il respiro, e agli scarti rispondeva con strappate che scuotevano i denti, e ai balzi con furiose speronate che facevano scaturire rivoletti di sangue.

Cardozo e il mastro contemplavano con viva ammirazione quella lotta fra l’essere selvaggio dotato di una forza brutale e l’essere incivilito e applaudivano entusiasticamente il valente cavaliere. Perfino il silenzioso Pedro, quantunque lui stesso abilissimo cavaliere, che aveva domato chi sa quante centinaia di cavalli, era trasfigurato e seguiva con sguardi ardenti quella strana lotta.