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XII.
I cavalli selvaggi.
’immensa prateria che li circondava era completamente deserta, ma non presentava quella uniformità che generalmente si crede offrano quelle vastissime pianure che si stendono al di là del territorio argentino e che si chiamano pampas.
Il territorio saliva e scendeva dolcemente in forma di lunghissime ondate, con depressioni talvolta molto profonde e tal’altra con elevazioni non indifferenti e che intercettavano la vista. Oltre a ciò, non era sempre erba quello che lo copriva, ma qua e là si alzavano gruppi di carrubi selvatici, cespugli di gynerium e più oltre si vedevano torreggiare, come immensi ombrelli, dei superbi ombù dal fogliame verde cupo e dal tronco massiccio e bitorzoluto.
La fauna, pel momento almeno, mancava completamente. Infatti, per quanto Cardozo e il mastro spingessero i loro sguardi, non si vedeva verun animale attraversare quegli splendidi tappeti verdi, chiazzati di variopinti papaveri. Pareva che i guanachi, gli struzzi, i giaguari, i coguari e i lupi aguara, animali che abbondano nelle pampas, fossero scomparsi o fossero emigrati, per paura degl’indiani, verso altre regioni. Solamente per l’aria si vedevano svolazzare qualche zenostrichia piteta, o passero comune, qualche vindita, uccello tutto nero colle remiganti bianche, e dei