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— Lo avete detto. Quei dannati sono insorti e si sono gettati sulle pampas argentine, massacrando quanti gauchos sono caduti nelle loro mani e distruggendo tutte le fattorie, le pulperie e i saladeros.1
— Sicchè è impossibile ritornare al nord.
— Tanto impossibile, che noi siamo fuggiti fin qui coll’idea di restarvi appena qualche settimana, poichè gl’Indiani scorrazzano anche questa regione. I nostri compagni sono stati uccisi tre giorni sono, a venti chilometri da qui.
— Ma dove contate di recarvi?
— Al Chilì, se gl’Indiani...
— E noi, Cardozo, quale via prenderemo? — chiese il mastro, volgendosi verso il ragazzo.
— Quella del Chilì, se non saremo d’impiccio a questi signori.
— Anzi ci sarete di aiuto, giacchè siete eccellentemente armati. Penseremo noi a procurarvi dei buoni cavalli, che prima domeremo.
— Ma vi prevengo che non lascerò questi luoghi senza aver trovato prima, vivo o morto, il nostro compagno.
— Lo troveremo. Orsù, caballeros, un buon sorso di matè.
Levò la marmitta e versò lentamente l’acqua, che era quasi bollente, sulle foglie contenute nella zucca e sulle quali aveva prima sparso alcuni pizzichi di zucchero. Pochi istanti dopo serviva ai compagni l’eccellente bevanda, invitandoli a succhiarla in certe cannucce d’argento, dette bombilla, terminanti in una palla traforata, onde non venissero sorbite anche le foglioline.
Questo matè, di cui tutti gl’ispano-americani e anche gli indiani dell’America del Sud fanno un uso smodato, preferendolo di gran lunga al miglior caffè, è su per giù un thè, l’altra bevanda così grandemente diffusa in tutto l’Estremo Oriente del continente asiatico e tanto cara anche ai palati inglesi e russi.
- ↑ Grandi macellerie che si trovano nelle pampas, che sono così ricche di bestiame.