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capitolo ix. — combattimento a bordo, ec. 73

— Per quale motivo?

— Per ribellione.

— Voglio vedere questi prigionieri.

— Eh! Siete molto curioso, signor ufficiale di Sua Maestà Britannica, — disse Nunez, guardandolo torvamente.

— Vi dico che voglio vederli, — ripetè l’inglese con accento da non ammettere replica.

— E se io mi rifiutassi? — chiese il negriero con voce minacciosa.

— Vi obbligherei con la forza a mostrarmi i vostri prigionieri.

— Badate che ho trenta uomini in coperta!

— Ed io ne ho venti qui e altri quarantasei a bordo della goletta. Ribellatevi se l’osate, signor trafficante di carne umana!

— Cercate i prigionieri, adunque.

— Me li farete vedere voi, od io...

— Che cosa? — chiese Nunez, che perdeva la sua calma e pareva deciso ormai a tutto.

— O vi farò fucilare.

— Mumbai!... A me!... — gridò il negriero, slanciandosi con un balzo da tigre sulla gradinata e precipitandosi in coperta.

— Eccomi! — gridò il gigante, accorrendo.

— Alle armi! — tuonò Nunez. — Raccoglietevi tutti a prua!... —

In quell’istante l’ufficiale inglese apparve sul ponte, pallido di rabbia e colla spada sguainata. I suoi soldati lo avevano seguìto.

— A me, marinai! — gridò.

I dieci uomini che si trovavano nel gran canotto balzarono sulla scala e irruppero sul ponte unendosi ai dodici soldati, che si erano raggruppati attorno all’ufficiale.

— Sgombrate! — gridò Nunez, puntando le pistole che si era levate dalla cintura.

— Volete offrirci battaglia? — chiese l’inglese, ricuperando la sua calma.

— Sgombrate! — ripetè il negriero.

I suoi trenta marinai si erano schierati dietro di lui colla rapidità del lampo, stringendo i fucili, le sciabole e le scuri che Mumbai aveva gettato in coperta. Il barone era alla loro testa pronto a comandare il fuoco.