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capitolo vii. — l’evasione del marchesino. | 57 |
— Di spiegare tutte le vele possibili e di tenere pronti i cannoni. Se l’Albatros, come spero, si lascia a poppa quella goletta dannata, me ne rido di quei curiosi con le giacche rosse.
— Non perdiamo tempo allora; quell’incrociatore non dista che due miglia, e in quindici minuti può esserci addosso.
— Mumbai! — gridò Nunez. — Fa’ caricare il cannone da caccia e spiegare i coltellacci, gli scopamari, i contropappafichi e gli stragli. —
Il mastro d’equipaggio stava per accostare il fischietto alle labbra onde chiamare a raccolta l’equipaggio, quando a poppa della nave si udì un tonfo che pareva prodotto da un corpo pesante che cade in mare.
— Carrai! — esclamò il capitano Nunez impallidendo. — Chi è caduto?...
— Nessuno, — rispose Mumbai, gettando un rapido sguardo sul ponte del veliero.
— Ma questo tonfo?... — chiese di Chivry.
— Sarà stato un pescecane che...
— Un uomo in mare! — gridò in quel momento il timoniere.
— Mille tuoni! — esclamò Nunez nella cui mente era balenato un sospetto.
Si slanciò verso poppa seguìto dal barone, dal mastro d’equipaggio e da parecchi marinai che si erano muniti di corde.
Un grido di furore irruppe dalle labbra del negriero.
— È il marchesino! — gridò.
— È impossibile! — esclamò il barone diventando livido.
— È lui!... — esclamarono i marinai.
— Fugge verso la goletta!... — gridarono altri.
— E nuota come un pesce.
— Una scialuppa in mare! — tuonò Nunez. — Presto o siamo perduti, se giunge alla goletta!... —
A centocinquanta braccia dalla poppa, infatti, si vedeva Almeida. Nuotava con sovrumana energia, rizzandosi vigorosamente sulle onde dell’Oceano e si dirigeva velocemente verso la piccola nave da guerra sul cui ponte si vedevano raggruppati parecchi uomini.