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42 | parte i. — l’albatros. |
— Provatevi! Vi avverto però che sul ponte vi sono trenta uomini pronti a ricondurvi nella cabina.
— Sono forse su di una nave pirata?... — chiese il giovanotto. — Cosa pretendete fare di me? Badate!... Appartengo ad una famiglia che potrebbe un giorno farvi pagar cara la vostra infamia!... —
Il barone crollò le spalle.
— Noi non siamo pirati, — disse. — Io eseguisco un ordine ricevuto e nulla più. Voi credete che noi abbiamo dei sinistri progetti, forse che abbiamo intenzione di tenervi prigioniero colla speranza di ottenere un giorno un favoloso riscatto o qualche cosa di peggio. Ebbene, io vi dico che voi v’ingannate! Vi si condurrà nel luogo stabilito, dove una persona vi aspetta, poi noi più nulla avremo da fare con voi. Ignoro io stesso i motivi che mi spinsero a rapirvi ad insaputa di vostro zio, ma un giorno li conoscerete e forse allora non maledirete il barone di Chivry. Volete ora un consiglio? Mantenetevi tranquillo, non opponete una inutile resistenza, non sognate un’evasione che sarebbe impossibile, e voi non avrete da lagnarvi di noi. Vi avverto però che se tenterete qualche cosa contro la sicurezza della nave o dell’equipaggio, sarò costretto, con mio dispiacere, a tenervi incatenato nella vostra cabina fino al termine del viaggio. Mi avete compreso? Di più non posso dirvi, signor marchese. —
Almeida per tutta risposta gli si slanciò contro gridandogli:
— Tu menti, pirata!... —
Il signor di Chivry a quell’apostrofe impallidì, poi arrossì e la sua destra corse involontariamente alla cintura per levare il coltello; ma frenandosi quindi con uno sforzo prodigioso, disse con voce che pareva tranquilla:
— Avete torto, marchese d’Araniuez, a non credermi.
— Se non siete un pirata, riconducetemi nella mia fazenda, — riprese il giovanotto.
— Giammai!...
— Fissate il prezzo per la mia libertà adunque, — disse Almeida con sprezzante ironia.
— Non mi appartenete, nè saprei che fare del vostro denaro.