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capitolo iv. — a bordo dell’albatros. 33

Il capitano e il mastro scesero in coperta, e fecero gettare la scala e una gomena. La scialuppa, che si trovava a soli pochi metri, virò di bordo e venne a cozzare contro il fianco della nave negriera.

— Siate il benvenuto, signor di Chivry, — disse lo spagnolo, curvandosi sulla murata.

— Grazie, signor Nunez, — rispose il francese.

— Portate il carico?

— Sì, ma dorme come un orso grigio in pieno inverno.

— Occorre un paranco?

— È inutile; bastano le mie braccia. —

Il signor di Chivry si caricò d’un corpo umano, che pareva addormentato o svenuto; con una mano s’aggrappò alla scala e salì sulla nave, senza mostrare la menoma fatica.

— Portatelo nella cabina che gli avete destinata, — disse, porgendo quel corpo inerte al mastro.

Poi, volgendosi al capo della scialuppa, che lo aveva seguìto:

— Queste sono le duemila piastre pattuite. Andate e dimenticate ogni cosa, se vi preme la pelle.

— Nessuno parlerà, Eccellenza, — rispose de Aguiar, inchinandosi profondamente.

— Sgombrate! — gridò il capitano Nunez.

De Aguiar si affrettò a discendere, e l’imbarcazione prese rapidamente il largo, scomparendo fra le tenebre.

Il signor di Chivry la seguì fino che potè collo sguardo, aggrottando parecchie volte la fronte, poi, volgendosi verso il capitano Nunez, che pareva attendesse i suoi ordini, gli disse seccamente:

— Partiamo!

— Pel Golfo del Messico?

— Sì.

— Winther! — gridò, volgendosi verso il timoniere. — La barra all’orza e fila al largo, e voi ai bracci delle manovre e virate di bordo.

— La rotta? — chiese il pilota.

— Il capo San Rocco, per ora. —