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Capitolo Quarto.

A bordo dell’«Albatros.»



La notte era oscura e minacciosa. Un vento freddo, che veniva dall’ovest, sollevava l’Atlantico in larghe ondate, lanciandole contro le rupi, sulle quali si ergono i due forti di San Joao e di Santa Cruz, posti a difesa della baia di Rio Janeiro.

Pel cielo correvano masse di vapori neri come il fondo d’un barile di catrame, e laggiù, verso il lontano orizzonte, si udiva ad intervalli brontolare il tuono.

Malgrado che il porto fosse a due soli passi, una svelta nave, dall’alta alberatura coperta di vele, bordeggiava lentamente fra l’isola di Tucinha e i due forti, procurando di non scostarsi troppo dal faro, che indicava l’entrata della baia.

Era un bel brick di milledugento tonnellate, con la carena stretta, con lo sperone acuto, un vero legno da corsa, che con un buon vento doveva filare come una rondine marina. Dai suoi sabordi si vedevano spuntare le nere gole di quattro grossi pezzi d’artiglieria, e sul suo cassero se ne scorgeva un altro, più grosso e più lungo.

Trenta uomini, seminudi malgrado il freddo e scalzi, ma tutti robusti, con certe braccia da piegare una sbarra di ferro e certe facce sulle quali leggevasi un coraggio a tutta prova, si tenevano