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capitolo iii. — il rapimento. 25

— Non ho tempo da perdere.

— Potete rivolgervi al marchese suo zio, massa. —

Il francese corrugò la fronte e sembrò contrariato assai da quelle parole.

— È qui il marchese? — domandò con una certa inquietudine.

— Sì, massa.

— Dorme ora?

— Credo...

— Andrò da lui più tardi. Ora conducimi sul sentiero, ma in un punto che sia lontano un paio di miglia dalla fazenda.

— Non farete alcun male al mio padroncino?

— Voglio solamente parlargli. Andiamo alla riva, signor de Aguiar.

— Non sarebbe meglio risalire il fiume per qualche miglio? Mi sembra cosa prudente.

— Forse avete ragione, — rispose il signor di Chivry. — Dimmi, ragazzo, il sentiero è lontano dalla riva?

— Passa a poca distanza, — rispose il negro.

— Avanti a piccolo vapore, adunque. —

La scialuppa lasciò l’isolotto e risalì il fiume con una velocità di cinque o sei nodi all’ora, costeggiando la riva destra che era coperta da un numero infinito di sapota achras, che sono i nespoli dell’America meridionale e che dànno frutta squisite, grosse come una piccola mela, di forma ovale per lo più e di colore bruno scuro, e di parecchie specie di palme, fra le quali spiccavano superbamente le splendide massimiliane regie, le gigantesche mauritie con le foglie disposte a ventaglio e le graziose bactris. Anche qualcuno di quegli alberi di legname pesante e duro, che vengono chiamati pao de fero, poichè infatti sono talmente resistenti da sfidare l’acciaio, appariva di quando in quando fra quell’ammasso di vegetali.

Tenendosi all’ombra di quelle piante, per non farsi scorgere da nessuno, gli avventurieri giunsero a una piccola insenatura ingombra di canne acquatiche e che poteva sfuggire agli occhi di tutti. Il francese fece fermare la scialuppa presso la riva e balzò a terra.