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236 | parte ii. — la grande prateria degli apaches. |
con effusione. — Senza il vostro coraggio a quest’ora sarei morto e scotennato. —
In quell’istante irruppero nella tenda Gaspardo e gli arrieros, che erano stati liberati dal Corvo Nero.
— Ah! Padroncino mio! — esclamò il coraggioso brasiliano, precipitandosi ai piedi di Almeida.
Questi lo rialzò e se lo strinse al petto dicendo:
— Qui, sul mio cuore, fedele Gaspardo. —
Poi, volgendosi verso agli arrieros:
— Amici, lasciate che vi ringrazi per la vostra coraggiosa condotta, — disse. — Domani vi darò tant’oro da arricchire le vostre famiglie, se ne avete, ed una scorta, la quale veglierà su di voi fino al di là del deserto. Andiamo, zio; venite, Gaspardo e Sanchez; ritorniamo nel mio accampamento, chè qui nulla abbiamo più da fare.
— E quest’uomo? — chiese il messicano, additando il Saltatore, che se ne stava accoccolato in un angolo della tenda.
Nel vederlo, un lampo di rabbia balenò negli occhi del marchesino.
— Tu hai trasgredito i miei ordini e stavi per martirizzare degli uomini inoffensivi solo perchè erano bianchi. Io, capo supremo della grande famiglia degli Apachi, ti punisco: non sei più capo: va’! —