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capitolo xiii. — il re della prateria. | 229 |
— Ma chi sei tu, che mi ricordi un tal nome? — domandò il giovane capo.
— Sanchez, la guida.
— Di dove vieni?
— Da Monterey.
— E chi ti manda qui?
— Un uomo che ho guidato attraverso alla prateria fino al Rio Verde e che se non vi affrettate a salvarlo, domani sarà morto.
— Chi è?
— Vostro zio, don Inigo Mendoza de Cabrera. —
Il capo mandò un grido e vacillò come se le forze gli fossero improvvisamente mancate; ma reagì con ferma volontà, e frenando l’emozione che lo soffocava, chiese con voce tremante:
— Dov’è mio zio? Parla in nome di Dio, o mi farai morire!
— È prigioniero del sackem Ba-da-ah-sciou-du, e se non vi affrettate a salvarlo, domani, all’alba, morrà. Ho fatto cinquanta miglia al galoppo per venirvi a trovare, ed una banda indiana mi insegue da stamani. Guardate!... —
Quindici indiani e trenta cavalli scendevano allora la costa schiamazzando ed agitando le armi. Erano gli inseguitori che correvano sulle tracce del messicano.
— Bisonte Bianco, — disse il Re della prateria, volgendosi verso uno dei suoi capi, — fa’ disarmare quegli uomini e conducili prigionieri nel mio campo.
Poi volgendosi verso un altro capo:
— Tu, Nube Rossa, balza in arcione, prendi due cavalli di ricambio e raggiungi il sackem Corvo Nero che accampa alle falde della montagna Lana Negra, e gli dirai che tenga pronti cento guerrieri e cento cavalli freschi e veloci come il vento: va’!... —
Quindi ritornando da Sanchez:
— Tu devi essere stanco, — disse, — ed anche affamato. Ti farò dare una tenda, dei viveri e una buona amaca per riposarti.
— Grazie, marchese, ma io conto di accompagnarvi. Ho la pelle dura io, e mi sento in grado di divorare altre cinquanta miglia, purchè mi si dia un sorso di aguardiente ed un boccone.
— Prendi la mia fiasca, è piena di Câna (acquavite) eccellente,