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Capitolo Decimoterzo.

Il Re della prateria.



Sanchez si volse rapidamente col viso alterato da una gioia immensa, e fissò i suoi occhi sull’uomo che aveva pronunciate quelle parole.

Era un giovane capo indiano di ventisette o ventott’anni, di statura alta, slanciata, di lineamenti fini, quasi delicati, con due occhi neri come due carboni, e che scintillavano come diamanti. Quantunque la sua pelle fosse lievemente abbronzata, non avesse baffi (perchè pareva che, secondo l’uso indiano, fossero stati rasi o strappati), ed agli orecchi portasse due piastre d’oro, s’indovinava subito che quell’uomo non apparteneva alla razza indiana.

Il suo stesso abbigliamento lo dimostrava, quantunque avesse la testa adorna d’uno splendido diadema di oro puro, sormontato da tre penne d’aquila bianca, distintivo dei più famosi sackems. Egli aveva inoltre le gambe racchiuse da mokassini arabescati con cordami azzurri, e sulle spalle portava uno di quei ricchi mantelli indiani, meravigliosamente lavorati a maglia con fili multicolori ed a disegni complicati, adorni d’una frangia alta diciotto pollici, e che si pagano non meno di cinque cavalli, essendo necessario per fabbricarne uno il lavoro di tre donne per un intero anno.

Contrariamente al costume indiano, i suoi calzoni non erano