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capitolo x. — l’inseguimento. | 205 |
A mezzodì trovarono le tracce di un’altra fermata. Esaminate le ceneri, il messicano le trovò ancora tiepide.
— Animo, caballeros, — diss’egli. — Gli Indiani non sono lontani; devono essersi fermati qui poche ore fa.
— Mantengono sempre la nuova direzione? — chiese il marchese.
— Sì, — rispose il messicano.
— Dove credete che si dirigano?
— Sempre verso la riviera Verde. A cavallo!... —
Avevano concesso due ore di riposo alle povere bestie. Lavorando di speroni e di frusta, le spinsero innanzi procurando che non rallentassero il galoppo.
Alle sei di sera, un altro accampamento fu trovato. Sanchez rimosse le ceneri, e trovò un tizzone ancora acceso.
Quella scoperta rallegrò tutti. Gli Indiani dovevano aver lasciato quel luogo da poco tempo, forse da un paio d’ore.
— Stiamo per raggiungerli, — disse il messicano.
— E il deserto sta per terminare, — disse il marchese. — Vedo laggiù uno strato verde e degli alberi.
— Siamo vicini al Rio Verde, señor. Un ultimo sforzo e saremo alle spalle dei rapitori.
— Che si accampino sulle rive del Rio?
— Lo spero, marchese.
— Li sorprenderemo?
— Sì, li vinceremo facilmente.
— Avanti adunque!... —
Si misero a spronare le povere bestie, le quali ripresero un piccolo galoppo, dirigendosi verso lo strato verde che si scorgeva verso l’est.
La notte calava rapidamente, avvolgendo nelle sue tenebre il vasto deserto, e la luna cominciava a far capolino sopra le foreste che il marchese aveva segnalate. In lontananza si udivano guaire i cani di prateria e ululare i lupi che pare siano sempre affamati, anche dopo un copioso pasto. Sanchez, che eccitava il proprio cavallo, si rizzava di frequente sulle larghe staffe, per abbracciare coll’occhio maggior orizzonte, sperando sempre di veder galoppare dinanzi a sè la banda indiana, ma nulla ancora si scorgeva.