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200 | parte ii. — la grande prateria degli apaches. |
— Forse non tanto, — rispose Sanchez. — I cavalli si stancano presto camminando sulle sabbie; e per di più un animale porta due uomini, un indiano e Gaspardo, ne sono certo.
— Come lo sapete?
— Guardate qui: non vedete queste quattro impronte che sono più profonde delle altre? Indicano che il cavallo che le ha lasciate, porta un peso maggiore, il doppio degli altri.
— Che osservatore siete voi! — esclamò il marchese stupito. — Nulla vi sfugge e tutto indovinate. Ma, ditemi, che Indiani supponete che siano?
— Dalla direzione che han preso, suppongo siano Apaches o Navajoes.
— Che sia lontana la loro tribù?
— Temo che ci facciano fare una lunga galoppata, marchese. In questo deserto gli Indiani non possono vivere, poichè non troverebbero nè selvaggina, nè erbe pei loro cavalli, nè acqua. La loro tribù si accampa verso le sorgenti del Rio Virgin o sulle rive del Rio Verde, il Colorado settentrionale. Sapremo fra breve, su quale di questi due fiumi.
— Dove si dirigono le tracce?
— Verso l’est, per ora.
— Siete certo di non smarrirle?
— Sì, purchè non scoppi qualche tornado o cordonazo e sconvolga le sabbie.
— Che cosa sono questi tornado?
— Violenti uragani che infuriano nei deserti e che sollevano le sabbie.
— Speriamo che si tengano lontani, Sanchez. —
In quel momento giungevano gli arrieros, conducendo i cavalli e i muli carichi di foraggi, di legne secche e cogli otri ben ripieni.
— In sella, — disse Sanchez, — e lavorate di sperone e di frusta. Bisogna procedere colla maggior velocità, se vogliamo raggiungere la banda prima che arrivi alla sua tribù. —
Salirono in arcione e si slanciarono verso l’est di galoppo, incitando i muli e i cavalli cogli speroni e colle fruste.
Il deserto somigliava a quello d’Amargoza, essendo pure com-