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194 | parte ii. — la grande prateria degli apaches. |
i cui rami si possono adoperare come torce, e tagliò parecchi pezzi che diede agli arrieros.
— Accendeteli ed andiamo, — disse, gettandosi in ispalla il rifle. — Temo però di non ritrovare le sue tracce prima dell’alba. —
Al chiarore rossastro e fumoso di quei rami, gli otto uomini si misero in cammino, internandosi nella foresta. Giunti presso i cespugli dai quali erano usciti i tacchini, Sanchez esaminò accuratamente il terreno, e dopo un attento esame riuscì a scoprire le tracce del povero brasiliano.
Guardando sempre le erbe, per non perderle, il messicano si avanzò verso l’est per sei o settecento passi; ma giunto sulle rive di uno stagno paludoso, le smarrì. Cercò per parecchi minuti qua e là, ma essendo la luce delle torce debole e l’erba assai fitta, non riuscì a ritrovarle.
— È inutile, marchese, non possiamo scoprirle prima dell’alba. Ritorniamo all’accampamento ed aspettiamo.
— Povero Gaspardo, è perduto!
— Non vi disperate, señor. Forse si è spinto assai lontano e temendo di smarrirsi, si sarà fermato. —
Ritornarono all’accampamento più tristi di prima. Ormai tutti erano convinti che una disgrazia fosse toccata al coraggioso brasiliano.
Quella notte nessuno dormì, sperando sempre di udire o qualche detonazione o qualche lontana chiamata; ma l’alba spuntò senza che Gaspardo fosse ritornato.
— Andiamo, — disse Sanchez, appena spuntò il sole. — Vivo o morto, bisogna trovarlo.
— Ma voi, che cosa temete che gli sia accaduto? — chiese il marchese con voce commossa. — Voi forse lo sapete e non volete dirmelo.
— Non lo so, señor; a quest’ora ve lo avrei detto, se avessi qualche sospetto. Attraversiamo un paese che nasconde mille sorprese e mille pericoli. Può mordervi un serpente velenoso, può assalirvi un orso e sbranarvi, potete venire circondato da una banda di lupi o sventrato da un bisonte furibondo, o potete cadere in una