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capitolo vii. — una emigrazione di bisonti. | 175 |
pando tuttavia una vasta estensione di terreno, poichè erano composte di parecchie migliaia di capi.
Impiegarono più di mezz’ora a passare dinanzi all’altura e sparvero in direzione dei monti Telescopio, inseguiti da vicino da parecchi cavalieri, che perseguitavano la retroguardia a colpi di lancia.
Quantunque la notte fosse oscura, essendosi la luna velata, Sanchez ed i suoi compagni riconobbero, dalle penne svolazzanti, quei cavalieri.
— Non mi ero ingannato, — disse il messicano. — Gli Indiani inseguivano i bisonti.
— E dove li spingono? — chiese il marchese.
— Verso il luogo dove si troverà appiattata l’intera tribù.
— Che Indiani sono? Yuta forse?
— È probabile, poichè si sono estesi verso l’Utah, dacchè sono stati costretti ad abbandonare la California. Potrebbero però essere anche Navajoes, i quali abitano presso le frontiere del Nuovo Messico e dell’Arizona.
— E perchè no Apaches? Mi hanno detto che le loro tribù occupano un vasto territorio.
— È vero, ma l’Apache si trova di là del deserto d’Amargoza o più oltre ancora, dopo il Rio Virgin, lungo la riviera Verde ed il San Giovanni.
— In guardia! — esclamarono in quel momento gli arrieros, che erano scesi dall’altura.
— S’avvicinano degli altri bisonti forse? — chiese il marchese.
— No, dei cavalieri.
— Saranno i nostri compagni, — disse Sanchez.
— Infatti non sono che quattro, — aggiunse il marchese.
— Ohe! Gaspardo! — gridò Sanchez.
I quattro cavalieri che erravano per la pianura senza una direzione precisa, udendo quella chiamata, volsero gli animali e galopparono verso l’altura.
— Siete voi, Sanchez? — chiese Gaspardo, che precedeva i compagni.
— Siamo noi, — rispose il messicano. — Dove siete fuggiti?