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capitolo vii. — una emigrazione di bisonti. 171

serenamente l’immensa schiera di ruminanti. — Non avevo mai veduto uno spettacolo simile!

— Lo credo, señor, — rispose il messicano. — Bisogna venire in queste praterie per assistere a simili colossali emigrazioni.

— Ma dove vanno tutti questi animali?

— Verso il nord-est in cerca di nuovi e più ricchi pascoli. Verso il sud-ovest non si trova ora più un filo d’erba.

— Ci assaliranno?

— No, ma non è prudente trovarsi sul loro passaggio.

— Se avessero l’intenzione di darci addosso, che marmellata farebbero di noi!

— Lo credo, ma abbiamo i nostri cavalli che non si lasceranno raggiungere da quei pesanti animali. Andiamo, señor, gettiamoci fuori di via e lasciamoli passare; faremo fuoco sulla retroguardia. —

I cavalli ed i muli, che non potevano più star fermi, e che mandavano nitriti di spavento, sentendo allentare le briglie, si diedero a precipitosa fuga verso il sud, più non badando nè al morso, nè ai colpi di sperone; ma pareva che l’intera prateria fosse coperta di bisonti, poichè percorsi sette od ottocento passi si trovarono dinanzi ad un’altra immensa banda, che pareva chiudesse tutto l’orizzonte.

Sanchez, che galoppava in testa a tutti, con una violenta strappata rattenne il proprio cavallo, che s’impennava sferrando calci.

Carramba! — esclamò. — Che questi dannati animali ci abbiano già chiuso il passo?

— Ancora dei bisonti? — disse il marchese, che lo aveva raggiunto.

— E delle centinaia.

— Dove andiamo?

— Cerchiamo di raggiungere l’avanguardia e di sorpassarla.

— Verso l’ovest non è libera la via? — domandò Gaspardo.

— Temo che questa seconda banda l’abbia chiusa. Al galoppo, caballeros, e lavorate di sprone, o giungeremo troppo tardi. —

Stava per allentare le briglie, quando si arrestò bruscamente, gettando una sorda esclamazione.

— Che cosa avete? — chiese il marchese.