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Capitolo Secondo.

La costa brasiliana.



Trovatosi all’aperto, il signor di Chivry si arrestò alcuni istanti come per orizzontarsi; poi si diresse verso il molo che era ingombro di vascelli appartenenti a tutte le nazioni del mondo, e fissò i suoi occhi su di un brick della portata di milledugento o milletrecento tonnellate, che stava ancorato nel mezzo della baia.

Lo osservò per parecchi minuti, ammirando la svelta e alta alberatura, le forme slanciate della sua carena, l’acutezza del suo sperone, e contando i sabordi attraverso i quali si allungavano le bocche di quattro cannoni di grosso calibro.

— Il legno è solido e deve filare come una rondine marina, — mormorò. — Quel Nunez può vantarsi di possedere un bel veliero.

Si portò dall’altra parte dello scalo, e guardò a poppa del legno, sul cui cassero si scorgeva un altro cannone, di quelli così detti da caccia, grossi pezzi che usano portare le navi negriere. Aguzzò gli occhi, fissandoli sul coronamento, sotto cui, in lettere dorate, si leggeva: Albatros-Cadice.

— Il nome è proprio adatto, — disse il signor di Chivry sorridendo. — La nave filerà come l’uccellaccio di cui porta il nome. Benissimo! Ora possiamo partire. —