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capitolo v. — assediati nella caverna. | 157 |
veri zampilli che scrosciavano sui fianchi delle vette e che precipitavano attraverso alle ripide balze in forma di cateratte. Sanchez, il marchese e Gaspardo, tenendo i fucili avvolti fra le coperte perchè la polvere non si inumidisse e mancasse al colpo nel momento opportuno, attraversarono correndo la gola, spinti innanzi dalla furia delle raffiche, e sostarono un momento dietro ad una rupe, sull’estremo ciglio del versante orientale.
— Udite gli arrieros? — chiese il messicano.
— Sì, odo le loro grida ed i nitriti dei cavalli sotto di noi, — rispose Gaspardo.
— Allora, avanti! Badate dove appoggiate i piedi, poichè chi scivola è un uomo morto!... —
Aggrappandosi agli sterpi che coprivano la china e che il vento aveva sbarazzato dalla neve che li nascondeva, e sostenendosi l’un l’altro per meglio resistere alle raffiche, cominciarono a scendere le balze della Sierra, guidati dalle grida dei mulattieri e dai nitriti lamentevoli dei poveri animali.
La paura di venire raggiunti dai quattro orsi, che forse erano usciti dalla galleria, gli spronava, ed affrettavano la discesa a rischio di precipitare, con quella profonda oscurità e quel ventaccio indiavolato che gli sbatteva contro le rupi, in fondo a qualche spaventevole abisso.
Cinque o seicento metri più sotto, raggiunsero gli arrieros che spingevano innanzi gli animali coi calci dei fucili.
— Presto! Presto! — esclamò Sanchez. — Forse abbiamo gli orsi dietro di noi.
— Ma dove ci fermeremo? — chiese il marchese, che non resisteva più.
— Più giù, señor. Avanti!... —
Raddoppiando gli sforzi, spingendo i cavalli ed i muli che s’impennavano e tremavano, tenendosi stretti per non venire trascinati dai torrenti che scendevano, muggendo giù per la sierra, percorsero un altro miglio arrestandosi presso un bosco di pini enormi, i quali si curvavano come stuzzicadenti con mille scricchiolìi, malgrado la loro mole.
— Alto! — disse Sanchez. — Accampiamoci ora sotto questi gi-