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capitolo v. — assediati nella caverna. | 151 |
— Che sia sola? — chiese il marchese, che conservava una calma ammirabile.
— Lo credo; — rispose il messicano; — ma non tarderanno a giungerne altri. Forse sono stati sorpresi dalla tempesta molto lontani da qui.
— Se giungessero uno alla volta, sarebbe cosa facile l’ucciderli.
— Ma temo il contrario, marchese. Udranno le urla del loro compagno o della loro compagna e si affretteranno a ritornare.
— Eccolo! — esclamò Gaspardo, che aveva accostato gli occhi ad una fessura. — È grosso quanto un bufalo! —
Il marchese e Sanchez guardarono attraverso ai fori che lasciavano qua e là i sassi ammonticchiati, e videro a pochi passi di distanza un orso enorme, dal mantello nero, il quale fissava i suoi occhietti vivaci sulla barricata, come se cercasse d’indovinare con quale specie di ostacolo aveva da fare.
Girò e rigirò per alcuni istanti dinanzi alla grotta, poi si accostò alla barricata, ed avvicinato il muso ad una fessura, soffiò rumorosamente in viso a Sanchez un alito caldo, che puzzava di selvatico.
— Ah! Sei qui, mio caro! — esclamò il messicano, impugnando una pistola e cacciando la canna nella fessura. — Prendi!... —
Fece fuoco attraverso alla barricata. L’orso, senza dubbio colpito dalla palla, emise un vero ruggito, e scosse con furore i massi, facendone crollare parecchi e cacciò i suoi poderosi unghioni nelle fessure.
Il marchese e Gaspardo, che stavano presso il messicano fecero pure fuoco, quantunque non scorgessero la fiera.
A quelle due detonazioni, fecero eco, in distanza, altre urla.
— Si appressano gli altri! — esclamarono i mulattieri.
— Tenetevi pronti, ed io rispondo di tutto, — disse Sanchez. — Finchè la barricata resiste, nulla abbiamo da temere.
— Ma se la sfondano? – chiese il marchese.
— Li caricheremo a colpi di scure. Spero che non saranno una diecina. —
In quel frattempo l’orso, che forse era stato ferito gravemente,