Pagina:Salgari - Il re della prateria.djvu/154

148 parte ii. — la grande prateria degli apaches.

— Ma come si trovavano qui? — chiese Mendoza.

— Saranno nati qui.

— Da una sola orsa?

— Da più femmine.

— Ma dove saranno le madri?

— Per la Sierra in cerca di preda.

— E non torneranno?... —

Il messicano, colpito da questa domanda, impallidì non ostante il suo provato coraggio.

— Temo che dobbiamo passare una brutta notte, señor, — disse, girando intorno uno guardo inquieto. — Affrettiamoci a ritornare! —

Gettò i quattro orsacchiotti ai mulattieri e tornò rapidamente nella caverna dirigendosi verso l’uscita.

— Verremo assaliti? — gli chiese il marchese che lo seguiva.

— Gli orsi non tarderanno a ritornare, señor, — gli rispose il messicano che era in preda ad una viva agitazione. — Se si trattasse d’affrontare un solo orso, non sarebbe nulla; ma temo che ci assalga una vera truppa.

— Abbandoniamo la grotta prima del loro ritorno.

— La notte è cupa e la bufera si è scatenata al di fuori. Guardate, marchese!... —

Lo trasse presso l’apertura ed uscirono. Una oscurità profonda avvolgeva le alte cime della Sierra e la burrasca infuriava tremendamente. Il vento, ormai scatenato, ruggiva attorno alle vette spingendo innanzi a sè nuvole di nevischio, e dall’alto del gigantesco Whitney si udivano rotolare con sordi fragori massi enormi e valanghe di neve.

Affrontare un simile uragano, fra quell’oscurità, che non permetteva di distinguere i sentieri nè i passi, era come incontrare la morte.

— Vedete? — chiese il messicano.

— Vedo che l’uscita è impossibile. E cosa facciamo adunque?

— Barrichiamoci in questa grotta. L’apertura, fortunatamente, è stretta ed i macigni abbondano qui. A me, mulattieri! —

Gli arrieros, che erano diventati non meno inquieti del loro capo, si affrettarono ad accorrere. Aiutati da Gaspardo e dalla