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capitolo iv. — gli orsi della sierra nevada. 145

— Non saprei dirlo, — rispose il messicano. — A me pare che questo fragore provenga da un torrente.

— Non sapete dove mette questa galleria?

— Non l’ho mai esplorata.

— Vi siete stato ancora, in questa caverna?

— Parecchie volte, señor. Anzi l’anno scorso, durante la buona stagione, sono rimasto qui tre giorni con alcuni cacciatori d’orsi. Forse in quell’angolo troveremo ancora della legna, portata quassù dai miei compagni.

— Non sarei scontento di sedermi dinanzi ad un bel fuoco.

— Andiamo a vedere, señor, e... —

Si era interrotto bruscamente, tendendo gli orecchi e facendo cenno al marchese di stare zitto.

— Giurerei d’aver udito un grugnito, — disse dopo alcuni minuti.

— Dove?

— Nella galleria, señor.

— È il vento.

— Posso essermi ingannato. —

Fecero il giro della spaziosa caverna, ed in un angolo trovarono una catasta di legna che pareva ben secca.

— È quella portata quassù dai cacciatori d’orsi, — disse Sanchez. — Ci scalderemo e ceneremo allegramente. —

Gli arrieros, che avevano scaricati i muli ed i cavalli per preparare la cena, in pochi istanti si radunarono accanto alla catasta, recando le provviste e l’occorrente per cucinarle.

Poco dopo un allegro fuoco brillava illuminando come in pieno giorno la caverna, e attorno si adagiarono i nove uomini, riscaldandosi le membra intirizzite, in attesa che la pentola grillettasse.

Una eccellente zuppa di pemmican1 e un buon caffè rimisero di umore gaio i viaggiatori.

Stavano accendendo le sigarette, quando in fondo alla spaziosa caverna si udì una specie di urlo soffocato. Sanchez e gli arrieros balzarono in piedi, guardandosi in viso l’un l’altro con ansietà.

  1. Carne secca sminuzzata e mescolata con grasso.