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142 | parte ii. — la grande prateria degli apaches. |
— Non possiamo fermarci qui?
— Perderemmo molto tempo. La cattiva stagione è cominciata, e questa bufera può durare anche due settimane. È meglio affrettare la marcia e cercar di guadagnare il versante opposto più presto che si può.
— Sono pericolose queste burrasche?
— Assai, marchese. Ne affrontai una, l’anno scorso, sulle cime della Sierra Bianca, che mi travolse in un burrone assieme al mulo che cavalcavo. Sono vivo per miracolo.
— Attraverseremo il passo prima di sera?
— Non lo sperate, marchese. Avremo da faticare assai, per giungervi dopo il calar del sole.
— E saremo costretti ad accamparci lassù, fra le nevi?
— È necessario; ma vi condurrò in un rifugio, in una vasta caverna che s’addentra nei fianchi del Whitney. Colà potremo accendere un buon fuoco e resistere al freddo ed alla burrasca.
— Avanti dunque!... — disse il brasiliano.
La salita diventava ad ogni passo più aspra e più faticosa. Gli animali scivolavano ad ogni istante su quello strato di neve ormai quasi gelato, e gli uomini erano costretti a fermarsi per rialzarli, e dall’alto scendevano senza posa nembi di nevischio che li avvolgevano, accecandoli ed assiderandoli.
Il vento cresceva di violenza in quella regione elevata, e le raffiche seguivano sempre più impetuose, minacciando di trascinare negli abissi uomini ed animali. Sul Whitney il tuono rullava sempre e si sarebbe detto che le folgori percuotevano le rocce nere di quel colosso.
Malgrado i tanti ostacoli ed i crescenti pericoli, la carovana procedeva sempre, tenendosi riparata dalle rocce e dai pini per offrire meno presa al ventaccio gelido della montagna e marciando unita per aiutarsi meglio. Gli animali, coperti di neve, tremavano pel freddo e si mostravano riluttanti, ma gli uomini li forzavano a proseguire a legnate ed a strappate.
A diecimiladugento piedi, Sanchez, che non voleva stremare completamente gli uomini e gli animali, comandò la fermata dietro una gigantesca roccia, che li proteggeva dalle raffiche e dal nevischio.