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130 parte ii. — la grande prateria degli apaches.

Il messicano acquistò pel marchese e il suo compagno due vigorosi mustani, con le gambe secche, la testa leggera, il ventre stretto; eccellenti animali cotesti, dotati di una sobrietà a tutta prova e di una resistenza incalcolabile. Fece poi acquisto di due tende, di polvere, di palle, di viveri e di parecchi oggetti di scambio, che nella prateria dovevano recare grandi vantaggi, preferendo gl’Indiani una scure, od un coltello o delle conterie, alla polvere d’oro ed ai dollari.

A mezzodì i preparativi erano terminati. Sanchez che era montato sul suo cavallo, un mustano alto quanto un cammello, di forme massicce e vigorose, che lo aveva accompagnato altre volte nelle sue spedizioni, si mise alla testa della piccola carovana, dirigendosi verso la posada.

Il marchese che lo aveva preceduto, lo aspettava nel cortile assieme al suo servo brasiliano, un uomo sulla trentina, abbronzato come un vero meticcio, ben piantato, con le membra muscolose e gli occhi ardenti.

— È tutto pronto? — chiese il marchese.

— Tutto, señor, — rispose Sanchez.

— Manca nulla?

— Nulla.

— Partiamo adunque, e che Dio ci protegga.

— Avanti! — comandò Sanchez, scoprendosi il capo.

La carovana si rimise in marcia, attraversando la città. Il messicano cavalcava in testa, col suo rifle ad armacollo e le sue pesanti pistole alla cintola, poi venivano il marchese e il brasiliano Gaspardo egualmente armati e quindi i sei arrieros coi loro larghi sombreros1 che li riparavano dal sole e dalla pioggia come veri ombrelli, i loro costumi di velluto coi bottoni d’oro, i loro lunghi fucili, le loro pistole e i loro machetti messicani. Camminavano a fianco delle sei mule che portavano le provviste, le munizioni da fuoco, le tende e le otri d’acqua. Usciti dalla città, presero per un lungo sentiero sassoso, ombreggiato da aloè e da alberi di cotone, in mezzo ai cui rami si vedevano saltellare vere bande di scoiat-

  1. Ampi cappelli.