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120 | parte ii. — la grande prateria degli apaches. |
— Conoscete la Sierra Carriso?
— Sì, si stende fra il San Juan e il Rio Gothic.
— E il Rio Chelle?
— Anche; è un affluente del San Juan e nasce sui pendii della Sierra Tuneka.
— Vedo, con molto piacere, che voi avete una profonda conoscenza di quei luoghi.
— Lo credo, — disse la guida, con un certo orgoglio. — Sono stato parecchi anni, oltre che conduttore di carovane, indian-agent.
— Cosa sono questi indian-agent?
— Specie di intermediari fra le tribù indiane e i trafficanti americani o messicani.
— Gl’Indiani vi conoscono adunque?
— Alcune tribù sì, e non mi rivedrebbero con dispiacere, quantunque non ci sia da fidarsi di quei selvaggi, che oggi sono vostri amici e domani acerrimi nemici.
— Sapete per quale motivo vi ho fatto chiamare?
— Per condurvi nelle grandi praterie dell’est, mi ha detto il vostro albergatore.
— Ma ignorate il motivo che mi spinge colà.
— Lo ignoro, señor.
— Vado a cercare un giovanotto, rapito dieci anni sono. —
Sanchez depose il bicchiere che stava vuotando, e guardò il marchese con stupore.
— Andate a cercare un giovanotto, rapito dieci anni fa! — esclamò.
— Mio nipote.
— Ma... siete messicano voi?
— Brasiliano.
— Avevate qualche fattoria presso la frontiera dell’Utah o dell’Arizona o del Nuovo Messico?
— No, la mia fattoria era nel Brasile.
— Forse vostro nipote ha lasciato il Brasile per recarsi qui?
— No, è stato rapito nella sua fattoria che, come vi ho detto, è situata nel Brasile. —