Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
6 | parte i. — l’albatros |
— Accetto, — disse lo spagnolo, dopo un momento di esitazione. — Non sarà forse una buon’azione, e forse mi porterà sfortuna; bah! sessantamila piastre non si guadagnano sempre, e si può tentare la sorte. —
Questo dialogo facevasi ai primi d’aprile del 1842, in una taverna di Rio Janeiro, a breve distanza dalla spiaggia. I due personaggi sopra citati non si somigliavano punto. Quello che si chiamava il capitano Nunez, era un giovanotto sui ventisette o ventotto anni, di statura alta, slanciata, la tinta bruna come in generale l’hanno gli spagnoli, gli occhi neri e vivaci, e la capigliatura nera come l’ebano.
Anche non conoscendolo, s’indovinava a prima vista che doveva essere un uomo di mare non solo, ma un carattere energico, risoluto, rotto a tutte le avventure, malgrado fosse così giovane.
L’altro invece, quello che si faceva chiamare di Chivry, era un uomo sulla quarantina, di statura media, colle spalle larghe e la muscolatura robusta. Aveva la testa grossa, anzi quadra come l’hanno i bretoni, una fronte spaziosa sulla quale si vedevano delle profonde rughe, due occhi grigi e che somigliavano tuttavia a quelli delle aquile, una capigliatura lunga e un po’ brizzolata, e una barba ancora nera ed incolta.
Nei modi aveva qualche cosa di ruvido, ma nelle sue parole si indovinava che un tempo doveva aver avuto una coltura superiore, e in certi suoi tratti si capiva che non doveva essere un uomo volgare; e quantunque indossasse uno strano vestimento, mezzo messicano e mezzo yankee, che somigliava a quello che portano gli scorridori delle immense praterie del Far-West o del Llano estacado, non pareva che appartenesse ad alcuna razza americana.
Di dove veniva e chi era? Nessuno lo sapeva.
Era sbarcato una settimana prima da uno steamer proveniente dal Golfo del Messico, aveva preso alloggio in uno dei migliori alberghi della città, spacciandosi pel barone di Chivry; poi si era messo a fare delle indagini misteriose nelle taverne del porto, fermandosi per delle ore intere dinanzi alle navi ancorate lungo il quai, e soprattutto dinanzi al brick del capitano Nunez, che era giunto quindici giorni prima con un carico di quattrocento negri destinati per le fazende dell’interno.