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capitolo xii. — il cacciatore di prateria. 103

sempre più rapidamente verso l’oriente. Anche Nunez, contro il suo solito, si manteneva taciturno e pareva preoccupato. A che cosa pensava egli? Aveva qualche presentimento, o il suo pensiero correva al suo brick e alla goletta inglese?

Quel silenzio durava da un’ora, quando il barone che si era assiso a timone, lo ruppe dicendo:

— Mi sembrate pensieroso, capitano.

— Infatti, — rispose il negriero, — io non so se sia l’aria pestifera di questa laguna, o la separazione poco fa avvenuta, o la tristezza che vedo sul vostro viso, sono diventato di cattivo umore.

— Avete forse ancora qualche presentimento?

— Può darsi, — rispose il capitano dopo alcuni istanti.

— E quale mai?

— Che questo debba essere il mio ultimo viaggio.

— Strana coincidenza! — esclamò di Chivry.

— Perchè dite ciò?

— Perchè poco fa, mentre parlavo di ritornarmene in patria, ho avuto l’istesso presentimento.

Carramba! — esclamò Nunez. — Che siamo votati alla morte? Toh! Mi torna sempre alla memoria quella dannata goletta!...

— Forse siamo pazzi tutti e due. Devono essere, come avete detto voi poco fa, le esalazioni malsane di questa laguna, che ci rendono di cattivo umore.

— Speriamo che sia proprio così. —

Ricaddero entrambi nelle loro inquietudini, e non parlarono più.

Venuta la sera, la baleniera fece una breve sosta presso la costa messicana per dare un po’ di riposo ai due marinai, che cadevano dal sonno; ma verso la mezzanotte, riprendeva la navigazione con una splendida luna, che faceva scintillare vagamente le acque della grande laguna.

Il giorno dopo, un’ora prima del calar del sole, la baleniera giungeva al passo di Corpus Christi. Nunez, che era impaziente di aver notizie del suo Albatros, scaricò parecchi colpi di carabina. Poco dopo in lontananza, verso il mare, si udì una scarica.

— L’Albatros ci aspetta! — disse, respirando come se gli avessero levato di sul petto un gran peso che l’opprimeva.