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4 | parte i. — l’albatros |
poi appoggiò i gomiti sulla tavola, e guardando fisso fisso il capitano, gli chiese a bruciapelo:
— Conoscevi la marchesa d’Araniuez y Mendoza? —
Il capitano spagnolo non rispose: interrogava senza dubbio la sua memoria.
— Apparteneva alla prima nobiltà del Brasile, ma era d’origine spagnola come voi, — continuò di Chivry.
— Aspettate.... — disse lo spagnolo. — Manco da parecchi anni dalla Spagna e non mi sono mai fermato lungo tempo nel Brasile, ma questo nome l’ho udito ancora.... Carramba!... Dimorava a Santos?
— Sì, a Santos.
— Ed era nominata per le sue immense ricchezze.
— Precisamente.
— E mi ricordo che un suo figliastro commise delle pazzie senza numero, costringendo la marchesa a scacciarlo.
— Può essere, — disse di Chivry, — ma io lo ignoro.
— Si dice anzi che fosse fuggito dopo aver commesso non so quale delitto, ora che mi ricordo.
— Potrebbe essere, — ripetè il francese che diventava attento.
— Proseguite, signor di Chivry, — disse lo spagnolo.
— Continuo, signor Nunez. Avete mai saputo che la marchesa avesse un altro figlio, ma questo nato dal suo matrimonio col marchese Mendoza?
— No, signor di Chivry, non essendomi mai interessato di quella famiglia. Quello che vi ho detto lo seppi per caso, in non so quale taverna di Santos o di Rio Janeiro.
— Ebbene, ve lo dico io.
— E così, cosa volete concludere?
— Che io vi pago sessantamila piastre in denaro sonante, se voi mi aiutate a rapire quel ragazzo.
— Per rapirlo! — esclamò lo spagnolo, facendo un gesto di stupore. — Per mille corvette sventrate, tanto vale quel ragazzo!... Scherzate, signor di Chivry?
— No, parlo seriamente, — rispose il francese con voce grave.
— Ma pensate che sessant...
— Ci ho pensato, signor Nunez.