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il re della montagna 95

— Ma perchè non sei fuggito sulla montagna?

— Tu non eri fra noi. Potevo io abbandonare qui il mio salvatore, che aveva esposta la sua vita per me?

— Grazie, Harum. Ma gli altri?

— Si sono rifugiati sulla montagna. Le truppe dello sciàh li inseguivano.

— Ed i curdi?

— Si sono dispersi.

— Che abbiano assalite le mie torri? — chiese Nadir, con angoscia.

— No, poichè le truppe sono rientrate ieri sera. Tu sai che il Demavend è inaccessibile pei soldati quando i banditi difendono i sentieri.

— Dunque Mirza sarà vivo.

— Certo, Nadir.

— Che cosa avrà detto, non vedendomi giungere lassù assieme ai compagni! Povero vecchio!...

— Egli sa, a quest’ora, che noi ti cerchiamo a Teheran e che non siamo uomini da ritornare senza di te.

— Non sei solo adunque?

— No: in sei siamo riusciti a deludere la vigilanza delle truppe ed a rientrare in città.

— Dove sono gli altri?

— Ti cercano. Ma abbiamo un punto di riunione.

— Dove?

— Qui vicino, in una casa abitata da un mio parente.

— Qui non sono sicuro, Harum, e questa giovanetta ha bisogno di riposo.

— Porterai anche lei sulla montagna?

— Sì, Harum: essa è mia — disse Nadir con slancio appassionato.

— Chiunque sia, sarà nostra sorella.

— Essa corre un pericolo pari al mio.

— I cacciatori del Demavend la difenderanno. Seguimi, Nadir.

— Sei certo che non vi sia alcuna spia presso la casa?

— È guardata da due dei nostri.

— Andiamo, Harum.