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il re della montagna 87

La giovane persiana fu lesta ad afferrarlo ed a legarsi attorno l’estremità.

— Hai paura? — le chiese Nadir.

— No: con te non ho paura.

Stava per ritirare il cordone, quando il profondo silenzio che regnava nell’immenso giardino del vecchio principe fu rotto da grida acute che venivano dalla parte del palazzo.

— Nadir!... — esclamò la giovanetta con inesprimibile angoscia. — La nostra fuga è stata scoperta!...

— Non li temo più.

In fondo al giardino si vedevano a correre dei lumi e si udivano delle voci avvicinarsi.

Nadir afferrò il cordone e, radunando le proprie forze e tenendosi stretto alla parete colle robuste gambe, innalzò quasi senza fatica la giovanetta.

— Presto, mia diletta, scendi — diss’egli. — I servi s’avvicinano.

Afferrò la giovanetta, che era mezzo svenuta, e la calò nella viuzza. Non aveva però ancora raggiunto terra, che si udì una voce a gridare:

— Eccolo lassù, sulla muraglia!...

— Fuoco, Abbassi!... — gridò una voce chioccia, che pareva quella d’Aliabad.

Un colpo di fucile rintronò. Fathima emise un grido d’angoscia:

— Oh mio Nadir!...

— Eccomi! — tuonò il montanaro.

Scaricò ambe le pistole contro gli uomini che accorrevano, gettandone due a terra, poi con un balzo immenso si slanciò nella viuzza.

Fathima era caduta al suolo svenuta, credendo che avessero ucciso Nadir. Questi, che non era stato toccato dalla palla di Abbassi, l’afferrò fra le robuste braccia, se la strinse al petto e si slanciò attraverso la viuzza colla rapidità d’una freccia.

In pochi istanti la percorse tutta, sboccò in un’altra e continuò la corsa sfrenata finchè si trovò in mezzo ad un dedalo di viuzze oscure e fangose, fiancheggiate da alte case ben chiuse e silenziose. S’arrestò anelante, sfinito da quella lunga corsa, tendendo gli orecchi.

Non si udiva alcun rumore: solamente in lontananza, qualche latrato di cane vagabondo rompeva il silenzio della notte.

— Fathima mia, siamo liberi — mormorò.